Passeggiata virtuale tra i Tacchi d’Ogliastra parte II: piante fantastiche e dove trovarle.

Se ben ricordate, miei cari lettori attenti, vi avevo portato in una passeggiata virtuale nei miei Tacchi. Ok, sì sì, avevo detto che sarebbe stata l’unica volta perché si sa, il piacere del camminare è proprio farsi coinvolgere dall’esperienza cogliendola attraverso i cinque sensi, però dai, facciamo un’altra eccezione, solo per instillarvi ancora di più la voglia di esplorare! Andiamo?

Quale altra pianta potremmo incontrare nella nostra passeggiata virtuale, direte voi?

Ma il corbezzolo of course! Io adoro questa pianta e i suoi colori incredibili. Il nome scientifico è Arbutus unedo ma noi sardi la chiamiamo semplicemente su lioni mentre il suo frutto è conosciuto come su babelioni.

Anche il corbezzolo è conosciuto fin dall’antichità, come dimostrerebbe il nome stesso che parrebbe essergli stato dato da Plinio il Vecchio, deriva da edo, termine che rimanderebbe al fatto che “se ne mangia solo uno”, questo probabilmente perché quando lui lo consumava lo trovava aspro e non ne apprezzava il gusto ma anche per il fatto che il consumo eccessivo di corbezzoli potrebbe dare stitichezza accompagnata a dolori addominali e dunque ne avrebbe sconsigliato vivamente l’abuso. Viene chiamata anche pianta d’Italia o pianta di Garibaldi perché se osserviamo la pianta in autunno noteremo i tre colori della bandiera italiana, il bianco del fiore (meravigliosi e profumatissimi con la loro corolla urceolata), il verde delle foglie ed il rosso del frutto maturo. L’elemento di straordinarietà risiede nel fatto che questi tre elementi si trovino contemporaneamente in autunno, infatti solitamente, il fiore viene sostituito dal frutto mentre nel corbezzolo non succede e coesistono nel medesimo momento, questo perché è una delle ultime piante a venire impollinate dalle api proprio in autunno (questo ammesso la stagione sia bella e le api non siano già andate in letargo), e quindi è in autunno che il corbezzolo sarà in fiore, ma perché dunque vi è anche il frutto? Il trucco c’è ma non si vede! Il frutto, infatti, è quello dell’anno precedente. Riassumendo, i pronubi impollinano il corbezzolo che però entra in stasi vegetativa superata la quale riprenderà il processo di maturazione ed arriverà a maturità completa (quando il frutto è rosso) durante la stagione successiva. Voilà!

Oltre ad essere ricco di sostanze antinfiammatorie sull’apparato urogenitale, I frutti e le foglie, poi, si possono abbinare ed utilizzare come potente antidiarroico proprio perché hanno delle proprietà astringenti (antidiarroiche) e antiossidanti (per favorire l’aiuto al fegato).

Il corbezzolo è molto utilizzato anche in cosmesi dove viene sfruttato il suo potere astringente per confezionare tonici capace di pulire i pori e contribuire a limitarne la dilatazione, e le sue potenti proprietà antiossidanti nei trattamenti antietà.

Ah, che meraviglia il mio corbezzolo!

Come potrei dimenticarmi di raccontarvi un’altra pianta davvero meritevole di essere ammirata e conosciuta? Di cosa parlo? Ma dell’erica!

Il suo nome significherebbe rompere o spezzare. L’appellativo se lo sarebbe guadagnato perché quando fiorisce è capace di rompere la coltre di neve e di inserirsi e attaccarsi sulla roccia.

Quando si dice essere una forza della natura!

Nella nostra passeggiata virtuale nei Tacchi, incontriamo due tipi di erica: l’Erica arborea e l’Erica scoparia, due varietà molto simili che spesso vengono confuse. La differenza sta principalmente nel portamento perché l’Erica arborea, come dice la parola stessa, è quasi un albero che si erge con una discreta imponenza rispetto all’Erica scoparia che rimane di dimensioni più ridotte.

In sardo la conosciamo come sa tuvara mentre in italiano entrambe sono chiamate familiarmente scopa ma con la distinzione che la prima viene chiamata scopa maschio mentre la seconda scopa femmina; il nome deriva dall’uso che vi si faceva, infatti, veniva utilizzata per realizzare le scope per pulire le strade e le case ma anche piccole scope per pulire i forni. Inoltre, è stata utilizzata a lungo nei tempi antichi per costruire la copertura dei tetti delle case.

camminare nella natura

Per quanto riguarda le proprietà terapeutiche bisogna ammettere  che non è stata oggetto di molti studi scientifici, però le sue graziose infiorescenze (il colore cambia: in quella arborea sono bianco-crema mentre nella scoparia sono di un colore bianco-verde),che proprio in questa stagione spuntano sui rami, hanno un’ottima capacità diuretica e si sono dimostrati utili soprattutto contro alcuni disturbi dell’apparato urogenitale quali prostatiti e cistiti oltre a livello di pulizia renale, tanto è vero che alcuni sosterrebbero che il nome rompere rimandasse anche alla sua eventuale capacità di distruggere i calcoli renali, chiaramente non vi sono evidenze scientifiche in merito ma sicuramente è un coadiuvante valido alla terapia farmacologica.

Più che dal punto di vista terapeutico, l’erica veniva utilizzata per il suo legno, in particolare vi si ricavava il carbone, speciale perché con una resa calorifica fuori dal comune.

Un uso molto curioso, poi, era quello della fabbricazione delle pipe realizzate con ciocchi di erica che dovevano aver raggiunto almeno cinquant’anni di vita, un’importante fabbrica di pipe di erica si trovava, in passato, proprio nella a me vicina Lanusei.

Come venivano realizzate? Allora, la pianta nel terreno assorbe una grande quantità di silicio e quindi il ciocco diventava particolarmente resistente e duro ma anche relativamente leggero ma soprattutto questo legno era ignifugo quindi resistente al carbone e dunque perfetto per la realizzazione delle pipe. Per la loro costruzione, si utilizzavano principalmente due strumenti: il maniscure che serviva a ripulire il ciocco da tutte le sue radici e il pennato che invece serviva a ripulire per bene il ciocco soprattutto da eventuali muffe oltre a conferirgli la tipica forma arrotondata. Una volta che il ciocco veniva lavorato allora era pronto per poter essere ulteriormente lavorato fino a renderlo una vera e propria pipa.

I residui della lavorazione con il maniscure, inoltre, venivano utilizzati dai carbonai per la produzione del carbone che, come abbiamo già detto, aveva un’alta resa e infatti veniva impiegato dai fabbri per la forgiatura del ferro proprio perché era in grado di raggiungere alte temperature permettendo così la lavorazione di questo materiale.

Spesso anche oggi, i ciocchi di erica vengono utilizzati per temperare i forni a legna casalinghi proprio perché molto resistenti.

L’erica: una pianta elegante e fortissima, mi inchino!

Anche questa volta siamo arrivati a termine della nostra escursione in remoto, ma rimane sempre valido l’invito,

passate da me e andiamo ad esplorare insieme! Dal vivo è tutto più bello, no?

SELU

Attività

Una vacanza indimenticabile è fatta di tanti momenti unici. Attimi di pace e relax, e attività finalizzate alla scoperta del territorio e delle sue meraviglie. 

Come vi accennavo in precedenza, amo la mia terra: l’Ogliastra. Un luogo incantevole che ha tanto da offrire. Per farvela conoscere, ho elaborato dei percorsi che vi faranno entrare in contatto con il suo lato più verace e incontaminato. 

La spa

Meravigliosa durante il giorno, e suggestiva alla sera.
La zona Spa è un vero e proprio toccasana per coloro che vogliono ricaricare le batterie e dimenticarsi dello stress.  
Prima della spa, vi consigliero’ anche delle tisane studiate appositamente per voi, e elaborate a partire da piante del territorio. 

Escursioni

Come vi accennavo in precedenza, per permettervi di scoprire tutte le sue meraviglie, ho creato dei percorsi che vi faranno scoprirne il lato più verace e incontaminato. Ho suddiviso i percorso in due categorie, ma nella pagina escursioni, troverete tutti i percorsi nel dettaglio.